Ramana Maharshi, nei primi anni dopo l'illuminazione, stava per lo più in silenzio. Quando i ricercatori spirituali lo interrogavano, rispondeva per iscritto, spesso sulla sabbia della grotta dove abitava. Altre volte parlava. Alcuni di questi dialoghi venivano trascritti dai discepoli e, una volta redatti, erano sottoposti alla sua approvazione. Così vennero pubblicate le opere in prosa. I versi invece furono composti in diverse occasioni, più spesso su richiesta di qualche devoto, talvolta per un atto spontaneo e 'irresistibile' (come racconta Ramana stesso). Secondo il suo insegnamento (Yadvaita vedànta), l'io che alberga nel corpo fisico è dio stesso, il Sé, la pura consapevolezza entro cui tutte le esperienze, le percezioni, le emozioni e i pensieri sorgono e svaniscono. Tutta la manifestazione, ossia gli eventi di quella che noi definiamo realtà, avviene nell'alveo della nostra coscienza. Quando scompare tale coscienza, come nel sonno profondo, cessa di manifestarsi...