Nel 1928, durante una cura disintossicante in clinica, Jean Cocteau, oppiomane, scrive e disegna, due attività che per lui appartengono allo stesso atto creativo: « Scrivere per me è disegnare, unire le linee in modo che diventino scrittura, o disunirle in modo che la scrittura diventi disegno». Nasce così Oppio, un libro di grande fascino in cui i commenti sulla letteratura, sulla poesia, sull'arte e sul cinema fanno da contrappunto al tema principale che è, ovviamente, il fascino e la maledizione della droga. « Fumare l'oppio» scrive Cocteau «è abbandonare il treno in marcia, e occuparsi d'altro che della vita, è occuparsi della morte». In Oppio Cocteau ritrova la grande tradizione dei poeti visionari, quella di De Quincey, di Baudelaire, e soprattutto di Rimbaud.